MIGUEL BOSE' TRA 'MITO' E REALTA'

martedì 13 aprile 2010

Articolo da IL MATTINO


10/04/2010
«Trent’anni di canzoni con venti chili in meno»
Enzo Gentile Milano
Sono numeri che fanno girare la testa quelli che aiutano a capire l’impero mediatico in cui è immerso Miguel Bosè: a 54 anni, appena compiuti e portati con invidiabile freschezza e attivismo, l’artista è di nuovo sul mercato con un cd, «Cardio», che ha l’improbo compito di battere i record del precedente. «Papito» è stato per due anni il disco più venduto del mercato latino, con oltre due milioni e mezzo di copie, dando vita a un lunghissimo tour, il più acclamato di trent’anni di carriera appena festeggiati. Nato a Panama, con famiglia metà spagnola e metà italiana, Bosè ha appena ricevuto la cittadinanza colombiana dal presidente Uribe per le sue benemerenze in campo sociale: la sua fondazione Metropolis Global si occupa di cultura cittadina del riciclo per «evitare che il pianeta diventi una pattumiera». Miguel è a capo di varie associazioni di solidarietà e impegno civile. Il 5 maggio il suo tour mondiale partirà proprio dalla Colombia, con le tappe italiane ancora da concordare. Stasera, intanto, sarà nell’Auditorium di Napoli, ospite di Antonella Clerici (già incontrata a Sanremo) e di «Ti lascio una canzone» con Caroline Costa, Malika Ayane, i Ricchi e Poveri, Emilio Solfrizzi e Mariagrazia Cucinotta. Parliamo di «Cardio», Miguel? «Dentro queste canzoni c’è vita e passione, divertimento e lucidità, irriverenza e libertà: un disco sfacciato e sorridente, come io intendo l’esistenza. Laddove una volta avrei usato tante, troppe parole, oggi mi sono imposto la sintesi massima: e credo che il risultato finale ci abbia guadagnato». Aperto da «Per te», tradotta in italiano con l’aiuto di Jovanotti, l’album è un lavoro con molte influenze, che pesca con disinvoltura negli anni Ottanta, tra ritmi elettronici e ballabilissimi. «Mentre scrivevo mi sono accorto che avevo a disposizione ogni informazione musicale possibile e immaginabile: e così ci ho messo di tutto, compreso qualche riferimento al brit-pop, alla scena indie, senza naturalmente dimenticare il mondo dance e la scena latinoamericana. E l’ultimo brano, ”Eso no”, è addirittura un omaggio all’epoca glam rock dei T. Rex di Marc Bolan». E «Jurame»? «Racconta la storia del concerto ”Paz sin fronteras” che ho tenuto all’Havana lo scorso 20 settembre e dei sei mesi di insopportabile pressione che lo circondarono. È entrato nel Guinness dei primati, come il terzo evento musicale più affollato della storia, con 1.600.000 spettatori». Di altro parla «Ayurvedico». «Sono reduce di una dieta che mi ha portato a perdere oltre 20 chili: ero un cetaceo, ora sono dieci volte più attivo». Lei ripete spesso di sentirsi soprattutto un cantante e un musicista. Eppure ha frequentato con successo anche cinema e tv. «Nel cinema ho avuto la fortuna di lavorare con autori e registi di grandissima qualità, che mi hanno offerto una chance importante, ma anche in quelle circostanze ho capito come io non fossi adatto per quel mestiere. Non sono nato per fare film: la considero una professione eroica, con quei tempi lunghissimi di inattività e attesa. Ho fatto una fatica estrema ad adattarmi e non sono riuscito a conciliare il mestiere del cinema con la mia necessità di fare, muovermi, produrre addirittura con frenesia. Nemmeno la televisione è al centro dei miei interessi: certo, ho fatto un programma in Spagna, dagli ottimi risultati, ma si trattava di musica dal vivo con grandi ospiti: un territorio a cui sento di appartenere, ma che preferisco frequentare da protagonista». Lei è sempre stato attento alla realtà italiana, da osservatore esterno come vede oggi il Belpaese? «Metà del mio sangue, della mia cultura, della mia lingua è italiana ma oggi non riesco a riconoscere il Paese. Sono una persona di sinistra che però rispetta e crede necessaria una destra moderna, anche decisa, ma qui mi sembra in atto un ritorno al passato, con una serie di vincoli e proibizioni sulle scelte e le libertà delle persone, a partire della loro sessualità». Sua madre è sugli schermi italiani con «Capri 3». «Me ne ha parlato tantissimo, conosco l’isola, ma non la fiction, in Spagna non si vede»

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