Altra intervista del periodo risalente alla scorsa settimana di promozione di AMO in Italia.
Qui un audio tratto da 'IL SABATO DEL VILLAGGIO' di RADIO24
martedì 10 febbraio 2015
lunedì 9 febbraio 2015
Intervista a Miguel Bosé su 'La Lettura- Corriere della Sera'
SONO UN GHEPARDO, MI ALZO ALLE 5
Sandro Veronesi per il “Corriere della Sera”
Ultimamente, per motivi letterari, ho molto frequentato il video di Bravi ragazzi , risalente al 1983. Mi sono rimpinzato di quel reperto: un ragazzo bellissimo vestito di bianco che balla in stile anni Ottanta mentre canta una delle canzoni più famose del suo tempo, e intorno a lui una scarna scenografia elettronica arricchita da effetti speciali che oggi non usano più nemmeno nei filmini delle comunioni.
C’è qualcosa di struggente, in quel video — forse il contrasto tra la lattescente inconsapevolezza suggerita dal ragazzo danzante e la cupa retorica autodistruttiva contenuta nel testo della canzone. Sta di fatto che da allora (anzi, da qualche anno prima, dato che Olympic Games è del 1980) la carriera di Miguel Bosé è stata accompagnata da un consenso popolare veramente universale — il che significa successo clamoroso, internazionale, superiore anche a quello dei suoi celeberrimi genitori, che dura tuttora: come un astro vero, infatti, quando in un emisfero terrestre sembra tramontato è solo perché sta splendendo nell’altro, e viceversa, a suon di milioni di copie vendute.
A quasi sessant’anni oggi vive a Panama, dove è nato, in una casa sul Pacifico insieme ai suoi quattro bambini, e quando è tempo di concerti o di promozione gira il mondo come adesso, salvo stabilirsi qualche mese in qualche Paese a fare il coach in qualche talent show televisivo, come nel 2012 in Messico per La Voz e negli ultimi due anni in Italia per Amici — naturalmente facendo salire gli indici d’ascolto. Se ormai non lo si dicesse di chiunque, ci sarebbe da definirlo un’autentica icona pop.

Quante lingue parla?
«Spagnolo, italiano, francese, inglese, portoghese: cinque».
«Spagnolo, italiano, francese, inglese, portoghese: cinque».
Quando si è reso conto che la sua vita era eccezionale, rispetto a quella degli altri?
«Nel periodo in cui tra i miei compagni di scuola cominciò ad andare di moda l’Anorak, il giubbotto impermeabile col cappuccio, e io non ho mai potuto averne uno. A me avevano comprato un loden, che era meglio, sì, ma era anche un segno di differenza che mi faceva soffrire. Quando si è ragazzini ogni minima differenza con gli altri reca dolore. Per fortuna però sui valori e sulle cose importanti la mia famiglia non mi ha mai fatto pesare nessuna differenza».
«Nel periodo in cui tra i miei compagni di scuola cominciò ad andare di moda l’Anorak, il giubbotto impermeabile col cappuccio, e io non ho mai potuto averne uno. A me avevano comprato un loden, che era meglio, sì, ma era anche un segno di differenza che mi faceva soffrire. Quando si è ragazzini ogni minima differenza con gli altri reca dolore. Per fortuna però sui valori e sulle cose importanti la mia famiglia non mi ha mai fatto pesare nessuna differenza».
Lei è il figlio della bellezza — una bellezza che peraltro le è stata geneticamente trasmessa. È mai stato un problema, questo?
«In una famiglia di ghepardi non c’è coscienza della velocità. La natura di ogni cosa, incluso l’essere umano, non è mai cosciente di sé. E se poi, come me, vieni educato in una famiglia in cui certe cose non te le fanno nemmeno notare, ti viene fatto un grande favore».
«In una famiglia di ghepardi non c’è coscienza della velocità. La natura di ogni cosa, incluso l’essere umano, non è mai cosciente di sé. E se poi, come me, vieni educato in una famiglia in cui certe cose non te le fanno nemmeno notare, ti viene fatto un grande favore».

Quali erano i suoi idoli, da piccolo?
«Idoli anonimi, quasi sempre. Mia nonna Francesca, per esempio, che mi ha insegnato a cucinare. Profumava sempre, di panna, di cocomero, e io pendevo letteralmente dalle sue labbra. Una tata che avevo a Madrid, che per me è rimasta l’immagine della terra. Un professore di matematica. Capitan Drueno, un eroe dei fumetti molto popolare in Spagna. Tin Tin. E più avanti, Jim Morrison. Lo adoravo. L’ho anche conosciuto, un giorno: mi ha dato la mano e mi ha ruttato in faccia».
«Idoli anonimi, quasi sempre. Mia nonna Francesca, per esempio, che mi ha insegnato a cucinare. Profumava sempre, di panna, di cocomero, e io pendevo letteralmente dalle sue labbra. Una tata che avevo a Madrid, che per me è rimasta l’immagine della terra. Un professore di matematica. Capitan Drueno, un eroe dei fumetti molto popolare in Spagna. Tin Tin. E più avanti, Jim Morrison. Lo adoravo. L’ho anche conosciuto, un giorno: mi ha dato la mano e mi ha ruttato in faccia».
Che cos’è per lei l’innocenza?
«L’innocenza è una luce che non si dovrebbe mai perdere. Per la salute dell’uomo, per la sopravvivenza in lui della sua infanzia e dei suoi principi. La verità risiede lì: si lotta e si combatte per trattenerla, ma è difficile. Certo, se si riesce a tenere separati persona e personaggio è più facile».
«L’innocenza è una luce che non si dovrebbe mai perdere. Per la salute dell’uomo, per la sopravvivenza in lui della sua infanzia e dei suoi principi. La verità risiede lì: si lotta e si combatte per trattenerla, ma è difficile. Certo, se si riesce a tenere separati persona e personaggio è più facile».

Che lei ricordi, qual è stata la prima determinazione autonoma che ha concepito? Qualcosa che non risentisse in nessun modo dell’influenza dei suoi familiari, o che andasse contro di essa?
«La decisione di partire per Londra per andare a studiare qualcosa che non piaceva a nessuno, ma che io volevo diventasse la mia vita. L’hanno saputo quando lo stavo facendo. Sono partito a 17 anni, nel ’73, ma la decisione l’avevo presa tre anni prima, a 14».
«La decisione di partire per Londra per andare a studiare qualcosa che non piaceva a nessuno, ma che io volevo diventasse la mia vita. L’hanno saputo quando lo stavo facendo. Sono partito a 17 anni, nel ’73, ma la decisione l’avevo presa tre anni prima, a 14».
La storia della tauromachia in Spagna è rigidamente dinastica, patrilineare. C’è stato un momento della sua vita in cui si è pensato che lei, unico figlio maschio del grande Luis Miguel Dominguín, e nipote del leggendario Domingo Dominguín, potesse fare il torero?
«No, mai. Anzi, la famiglia intera si è preoccupata che in casa non ci fosse nulla, proveniente dalla corrida, cui potessi affezionarmi. Tutti i miei cugini spagnoli, in effetti, sono toreri, ma di me torero non si è mai nemmeno vagamente parlato. L’Italia mi ha protetto. Mia madre mi ha protetto».
«No, mai. Anzi, la famiglia intera si è preoccupata che in casa non ci fosse nulla, proveniente dalla corrida, cui potessi affezionarmi. Tutti i miei cugini spagnoli, in effetti, sono toreri, ma di me torero non si è mai nemmeno vagamente parlato. L’Italia mi ha protetto. Mia madre mi ha protetto».

Sua madre: oltre alla straordinaria somiglianza fisica, cosa ha ricevuto di strutturale, di permanente, da lei?
«Nella mia parte italiana ci sono due cognomi: i Bosé e i Borloni. I Bosé erano contadini, gente simpatica, vitale, creativa: da loro posso aver ricevuto un patrimonio di idee. Ma ho preso molto di più dai Borloni: svizzeri, e dunque cultori dell’ordine, della disciplina, della responsabilità, sono andati a contrastare la componente spagnola, che avrebbe potuto divorarmi».
«Nella mia parte italiana ci sono due cognomi: i Bosé e i Borloni. I Bosé erano contadini, gente simpatica, vitale, creativa: da loro posso aver ricevuto un patrimonio di idee. Ma ho preso molto di più dai Borloni: svizzeri, e dunque cultori dell’ordine, della disciplina, della responsabilità, sono andati a contrastare la componente spagnola, che avrebbe potuto divorarmi».
Wikipedia definisce «Bravi ragazzi» un «inno generazionale buonista». A me non sembra proprio — anzi, a me sembra una canzone disperata, l’inno semmai di una gioventù consapevole di essere destinata a bruciarsi. Lei che non l’ha scritta (il testo è di Guido Morra) ma l’ha portata al successo, di che opinione è?
«No, macché buonista. Ha ragione lei, è una canzone dura, quella. Basta leggere il testo: “Camminiamo sul filo, a più di cento metri dall’asfalto”… “Siamo noi che siamo a pezzi…”, eccetera. Altro che buonista: è un inno senza pietà. C’è dentro la disperazione, c’è l’eroina».
«No, macché buonista. Ha ragione lei, è una canzone dura, quella. Basta leggere il testo: “Camminiamo sul filo, a più di cento metri dall’asfalto”… “Siamo noi che siamo a pezzi…”, eccetera. Altro che buonista: è un inno senza pietà. C’è dentro la disperazione, c’è l’eroina».

Ecco, appunto: negli anni di quella canzone, gli ultimi pre-Aids, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, la droga era veramente molto diffusa tra i giovani, e non solo negli ambienti artistici e musicali. Lei ha avuto esperienze dure in quest’ambito, o ne è rimasto fuori?
«Io ho avuto una grande fortuna: avevo, come ho tuttora, la belonefobia, cioè il terrore degli aghi. Dunque l’eroina per me non era nemmeno in discussione. Ero circondato da gente drogata fino alle orecchie, in quegli anni in Spagna era un delirio. Il risultato è che solo due miei amici di allora ne sono usciti e oggi sono puliti: gli altri sono ancora tossici, o sono morti».
«Io ho avuto una grande fortuna: avevo, come ho tuttora, la belonefobia, cioè il terrore degli aghi. Dunque l’eroina per me non era nemmeno in discussione. Ero circondato da gente drogata fino alle orecchie, in quegli anni in Spagna era un delirio. Il risultato è che solo due miei amici di allora ne sono usciti e oggi sono puliti: gli altri sono ancora tossici, o sono morti».
In alcune interviste che ha rilasciato ho letto che lei ha vissuto anche periodi di vita ritirata. Ora le cito Proust: «Longtemps, je me suis couché de bonne heure». Che rapporto ha avuto, nella sua vita, con l’andare a letto presto?
«Sono stato quasi sempre un essere notturno, per la verità. Dormo poco, ho sempre dormito poco: cinque-sei ore, non di più. Da ragazzo leggevo, per ore, sotto le coperte con una torcia.
«Sono stato quasi sempre un essere notturno, per la verità. Dormo poco, ho sempre dormito poco: cinque-sei ore, non di più. Da ragazzo leggevo, per ore, sotto le coperte con una torcia.

E nell’88, in seguito a un disamore, ho deciso di frequentare fino in fondo la notte e mi ci sono buttato. È la mia zona oscura. Vivevo di notte, solo di notte. È durata tre anni, dopodiché ho smesso e ho ricominciato a vedere la luce del giorno. E ora, sì, je me couche de bonne heure, e mi alzo alle 5 del mattino. È un momento fantastico della giornata, quello, magico, mentre tutti gli altri dormono: organizzo il lavoro della giornata, rispondo alle mail, leggo, faccio le salse, faccio meditazione. E se è inverno, a un certo punto vedi albeggiare, e diventa un’esperienza veramente vitale».
Questo suo ultimo album, «Amo», sembra molto intimo, molto raccolto su temi basici. È così che si sente anche lei?
«È un lavoro solido, maturo. Era da 12 anni che non avevo tanto tempo per scrivere un disco — due anni e mezzo. E poi c’è il fatto che è stato tutto composto in casa. Di solito le canzoni uno le scrive in albergo, durante le tournée, perché altrimenti non ha il tempo.
«È un lavoro solido, maturo. Era da 12 anni che non avevo tanto tempo per scrivere un disco — due anni e mezzo. E poi c’è il fatto che è stato tutto composto in casa. Di solito le canzoni uno le scrive in albergo, durante le tournée, perché altrimenti non ha il tempo.
Stavolta invece sono rimasto a casa con i miei figli, e il risultato è un disco scritto in pigiama, più calmo, più meditato. E in effetti, sì, è anche più basico: per esempio, dedico una canzone al respiro. Ma è anche molto colorato, come album. Ho avuto il tempo di farlo».

Lei sogna di continuare la sua attività artistica a oltranza, come Aznavour, o sogna di smettere, un giorno?
«Oh no, a oltranza no. Anzi, ho espressamente chiesto ai miei amici di farmi ricoverare se a settant’anni volessi salire su un palco a cantare Bandido. La mia musica non può essere fatta oltre una certa età, io non sono come Aznavour o Frank Sinatra. Però continuerò sempre a scrivere musica: è aria, per me».
«Oh no, a oltranza no. Anzi, ho espressamente chiesto ai miei amici di farmi ricoverare se a settant’anni volessi salire su un palco a cantare Bandido. La mia musica non può essere fatta oltre una certa età, io non sono come Aznavour o Frank Sinatra. Però continuerò sempre a scrivere musica: è aria, per me».
O insegnare — stando al successo personale che ha riscosso facendo il direttore artistico ad «Amici». È qualcosa che si sentiva dentro, questo talento maieutico, o ha sorpreso anche lei?
«Quando sei lì è qualcosa che viene da sé: è il bisogno degli altri che te lo tira fuori. Del resto, arriva un momento nella vita in cui conosci talmente tante cose, e hai accumulato un tale bagaglio di denominatori comuni, che poterlo trasferire negli altri dà sollievo. È già una cosa molto bella di per sé.
«Quando sei lì è qualcosa che viene da sé: è il bisogno degli altri che te lo tira fuori. Del resto, arriva un momento nella vita in cui conosci talmente tante cose, e hai accumulato un tale bagaglio di denominatori comuni, che poterlo trasferire negli altri dà sollievo. È già una cosa molto bella di per sé.

In più, in un programma come quello, c’è il coinvolgimento emotivo con le persone che ti mettono il proprio futuro tra le mani: e tu hai voglia a ripetere "andateci piano, ragazzi, è solo un gioco", perché per loro è la cosa più importante di tutte, e c’è del dolore vero nella sconfitta. E lo senti anche tu».
Come vorrebbe che fosse l’ultimo giorno della sua vita?
«Superato il secolo di vita, in buona lucidità mentale, discreta salute, in condizioni di indipendenza fisica ed economica, vado a letto dopo cena e non mi sveglio più».
«Superato il secolo di vita, in buona lucidità mentale, discreta salute, in condizioni di indipendenza fisica ed economica, vado a letto dopo cena e non mi sveglio più».
Ancora articoli italiani su Miguel Bosè e la promozione di AMO
Davvero un bell'articolo-con annesso video- da 'Il fatto quotidiano', intervista svoltasi la scorsa settimana durante la promozione in Italia dell'album AMO
Le due anime di Bosé, l’artista e l’attivista. “Avevo la tessera dei Radicali. Podemos? Battaglia di buon senso, ma non mi fido più”
di Francesca Martelli e Claudia Rossi
Hemingway e Picasso. E poi Pannella, Podemos, la tv di Maria de Filippi. Conversare con lui significa spaziare dal fascino della cultura al disincanto della politica. Dalla pennellata che il Miguel bambino si concedeva sui quadri del grande Pablo al rapporto con l'autorità nell'essere genitori di quattro figli avuti tardi. E poi "l'attivismo disilluso" verso i partiti: "Ci affascinano prima del voto ma una volta che l'hanno ottenuto il cittadino viene dimenticato". Milano, Piazza della Repubblica. Entriamo nella stanza e nella vita del "Signor Bosè"
La stanza dell’hotel milanese scelta per l’intervista è luminosa e raccolta, silenziosa a dispetto dell’affaccio sulla trafficata Piazza della Repubblica. Nella camera 404, come annunciato dalla reception, arriva il “signor Bosé” seguito dal suo staff e dal responsabile della casa discografica che non assisteranno alle riprese video per “evitare di distrarre” il suo sguardo.
Miguel Bosé, nato a Panama, “poeta del ‘56”, è uno che ha vissuto molte vite in una sola: cantante con venti dischi all’attivo per milioni di copie vendute nel mondo, attore in più di trenta film, svariate esperienze televisive (ultima quella come direttore artistico nel talent show di Maria de Filippi), quattro figli avuti in età adulta, un’infanzia trascorsa accanto a grandi artisti, come Hemingway e Picasso: “Pablo amava molto avere bambini intorno e spesso, quando lavorava, teneva me e i suoi figli con sé – racconta entusiasta proprio a proposito del rapporto con il grande pittore – Quando gli chiedevano come gli sarebbe piaciuto dipingere lui, che era nato “accademicamente perfetto”, rispondeva “come un bambino!” e forse per questo gli piaceva vederci disegnare. Qualche volta ci lasciava aggiungere una pennellata color verde chiaro o rosa “chicca soave” a un suo quadro: erano semplici tratti messi nell’angolo in basso, nel punto in cui spesso poi metteva la sua firma. Era un gioco fra noi, una complicità”. Sorride Bosé, ricordando quell’infanzia in cui l’arte era di casa.
E si appassiona parlando di attivismo e del suo interesse per l’attualità politica.
Tuta, babbucce e kajal nero a sottolineare gli occhi verdi, di aneddoti straordinari da raccontare Bosé deve averne a decine, con questo parterre de rois di amici di famiglia. Figlio del torero Dominguin e dell’attrice Lucia Bosé, è stato cresciuto da “una persona incaricata della sua educazione”: “Mio padre lo vedevo poco, l’ho conosciuto e frequentato negli ultimi vent’anni. Ho avuto molta disciplina ma non direttamente dai miei genitori, che spesso erano fuori casa”.
Oggi, cerca di trasmettere lo stesso rigore ai suoi quattro figli, due coppie di gemelli, Diego e Tadeo, Ivo e Telmo: “Sono un padre amoroso ma severo perché credo che i bambini trovino molta sicurezza laddove percepiscono autorità”.
Bosé parla con la disinvoltura di chi rilascia interviste da una vita. È cordiale e i suoi occhi mantengono con grazia magistrale un’illusione di eterna giovinezza: il “Super Superman” panamense descrive il suo ultimo lavoro, Amo, come l’album “più positivo, luminoso e solare fatto in carriera”. “Forse perché – aggiunge – siamo circondati da cose talmente negative che ho sentito la necessità di dare sollievo”.Solare e positivo, “Amo”, ma con una forte denuncia contro la classe politica affidata al brano “Si se puede” il cui testo non lascia spazio a dubbi sul pensiero che il cantante rivolge a chi governa: “Sparano al cieco giusto in mezzo agli occhi e rubano la sedia al malato e allo zoppo. Mentono tutti i giorni, non rispettano neppure una promessa”. Il titolo del pezzo è lo slogan del movimento spagnolo Podemos: “C’è qualcosa in comune ma non mi sono mai schierato – dice, quasi difendendosi – La mia canzone è stata scritta prima. Certo, credo che il discorso portato avanti da questo movimento riguardi tutta la cittadinanza di buon senso perché è importante voler tornare al punto in cui le cose, per il cittadino, funzionavano. Avevamo un sistema sanitario esemplare, un sistema pensionistico più che dignitoso, un’educazione pubblica ottima e questo governo ha mandato tutto in merda. Non do il mio appoggio a Podemos perché so che quando arriverà al potere verrà fagocitato”. Inutile chiedergli se intraveda somiglianze con il Movimento 5 Stelle: “Non ne so abbastanza. Non so se tra i 5 Stelle e Podemos ci siano contatti”. E in effetti al momento, il movimento spagnolo non sembra particolarmente sensibile ai complimenti dei parlamentari pentastellati. “I partiti politici ci affascinano prima del voto ma una volta che l’hanno ottenuto il cittadino viene completamente dimenticato”.
Un attivista disincantato, così si definisce Miguel Bosé: “Ho le mie idee politiche, che sono idee di sinistra e attiviste, ma non credo più nel sistema. Mi ero iscritto al partito radicale di Marco Pannella e Emma Bonino quando era una forza extra parlamentare: nel momento in cui hanno avuto qualche seggio in Parlamento tutto è imploso”. La Bonino continua, però, ad avere la sua stima, tanto che l’avrebbe vista bene al Quirinale: “Emma ha il mio voto. In generale, sarebbe stato bello che una donna arrivasse alla Presidenza della Repubblica, qui in Italia: questo sistema maschilista lascia ancora troppo poco spazio alle donne”.
La mezz’ora concessa per l’intervista dall’ufficio stampa trascorre molto velocemente ma Bosé si concede volentieri a qualche domanda in più. È a suo agio mentre parla di politica, di musica, di vita e di lavoro davanti a una telecamera che sembra non notare e s’illumina quando gli si chiede del premio come Person of the Year che la Latin Academy of Recording Arts & Science gli ha conferito nel 2013 per il suo impegno sociale contro la povertà e l’Aids: “E’ un riconoscimento unico perché premia sia l’artista che il cittadino e ti fa passare in qualche modo alla storia, tra i grandi. Per far parte di questa storia, il “cittadino Miguel” si muove su un fronte molto ampio: ho una fondazione con Juanes e lavoriamo affinché la pace sia dichiarata un diritto umano universale, ogni anno organizzo un galà a Barcellona per raccogliere fondi contro l’Aids e apro scuole per le comunità indigene. Ovviamente è importante che poi Miguel si serva di Bosé per mediatizzare tutte queste cose… altrimenti, a cosa serve l’artista?”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/08/anime-bose-lartista-lattivista-avevo-tessera-dei-radicali-battaglia-podemos-buon-senso-non-mi-fido-dei-partiti/1406838/
Le due anime di Bosé, l’artista e l’attivista. “Avevo la tessera dei Radicali. Podemos? Battaglia di buon senso, ma non mi fido più”
di Francesca Martelli e Claudia Rossi
Hemingway e Picasso. E poi Pannella, Podemos, la tv di Maria de Filippi. Conversare con lui significa spaziare dal fascino della cultura al disincanto della politica. Dalla pennellata che il Miguel bambino si concedeva sui quadri del grande Pablo al rapporto con l'autorità nell'essere genitori di quattro figli avuti tardi. E poi "l'attivismo disilluso" verso i partiti: "Ci affascinano prima del voto ma una volta che l'hanno ottenuto il cittadino viene dimenticato". Milano, Piazza della Repubblica. Entriamo nella stanza e nella vita del "Signor Bosè"
La stanza dell’hotel milanese scelta per l’intervista è luminosa e raccolta, silenziosa a dispetto dell’affaccio sulla trafficata Piazza della Repubblica. Nella camera 404, come annunciato dalla reception, arriva il “signor Bosé” seguito dal suo staff e dal responsabile della casa discografica che non assisteranno alle riprese video per “evitare di distrarre” il suo sguardo.
Miguel Bosé, nato a Panama, “poeta del ‘56”, è uno che ha vissuto molte vite in una sola: cantante con venti dischi all’attivo per milioni di copie vendute nel mondo, attore in più di trenta film, svariate esperienze televisive (ultima quella come direttore artistico nel talent show di Maria de Filippi), quattro figli avuti in età adulta, un’infanzia trascorsa accanto a grandi artisti, come Hemingway e Picasso: “Pablo amava molto avere bambini intorno e spesso, quando lavorava, teneva me e i suoi figli con sé – racconta entusiasta proprio a proposito del rapporto con il grande pittore – Quando gli chiedevano come gli sarebbe piaciuto dipingere lui, che era nato “accademicamente perfetto”, rispondeva “come un bambino!” e forse per questo gli piaceva vederci disegnare. Qualche volta ci lasciava aggiungere una pennellata color verde chiaro o rosa “chicca soave” a un suo quadro: erano semplici tratti messi nell’angolo in basso, nel punto in cui spesso poi metteva la sua firma. Era un gioco fra noi, una complicità”. Sorride Bosé, ricordando quell’infanzia in cui l’arte era di casa.
E si appassiona parlando di attivismo e del suo interesse per l’attualità politica.
Tuta, babbucce e kajal nero a sottolineare gli occhi verdi, di aneddoti straordinari da raccontare Bosé deve averne a decine, con questo parterre de rois di amici di famiglia. Figlio del torero Dominguin e dell’attrice Lucia Bosé, è stato cresciuto da “una persona incaricata della sua educazione”: “Mio padre lo vedevo poco, l’ho conosciuto e frequentato negli ultimi vent’anni. Ho avuto molta disciplina ma non direttamente dai miei genitori, che spesso erano fuori casa”.
Oggi, cerca di trasmettere lo stesso rigore ai suoi quattro figli, due coppie di gemelli, Diego e Tadeo, Ivo e Telmo: “Sono un padre amoroso ma severo perché credo che i bambini trovino molta sicurezza laddove percepiscono autorità”.
Bosé parla con la disinvoltura di chi rilascia interviste da una vita. È cordiale e i suoi occhi mantengono con grazia magistrale un’illusione di eterna giovinezza: il “Super Superman” panamense descrive il suo ultimo lavoro, Amo, come l’album “più positivo, luminoso e solare fatto in carriera”. “Forse perché – aggiunge – siamo circondati da cose talmente negative che ho sentito la necessità di dare sollievo”.Solare e positivo, “Amo”, ma con una forte denuncia contro la classe politica affidata al brano “Si se puede” il cui testo non lascia spazio a dubbi sul pensiero che il cantante rivolge a chi governa: “Sparano al cieco giusto in mezzo agli occhi e rubano la sedia al malato e allo zoppo. Mentono tutti i giorni, non rispettano neppure una promessa”. Il titolo del pezzo è lo slogan del movimento spagnolo Podemos: “C’è qualcosa in comune ma non mi sono mai schierato – dice, quasi difendendosi – La mia canzone è stata scritta prima. Certo, credo che il discorso portato avanti da questo movimento riguardi tutta la cittadinanza di buon senso perché è importante voler tornare al punto in cui le cose, per il cittadino, funzionavano. Avevamo un sistema sanitario esemplare, un sistema pensionistico più che dignitoso, un’educazione pubblica ottima e questo governo ha mandato tutto in merda. Non do il mio appoggio a Podemos perché so che quando arriverà al potere verrà fagocitato”. Inutile chiedergli se intraveda somiglianze con il Movimento 5 Stelle: “Non ne so abbastanza. Non so se tra i 5 Stelle e Podemos ci siano contatti”. E in effetti al momento, il movimento spagnolo non sembra particolarmente sensibile ai complimenti dei parlamentari pentastellati. “I partiti politici ci affascinano prima del voto ma una volta che l’hanno ottenuto il cittadino viene completamente dimenticato”.
Un attivista disincantato, così si definisce Miguel Bosé: “Ho le mie idee politiche, che sono idee di sinistra e attiviste, ma non credo più nel sistema. Mi ero iscritto al partito radicale di Marco Pannella e Emma Bonino quando era una forza extra parlamentare: nel momento in cui hanno avuto qualche seggio in Parlamento tutto è imploso”. La Bonino continua, però, ad avere la sua stima, tanto che l’avrebbe vista bene al Quirinale: “Emma ha il mio voto. In generale, sarebbe stato bello che una donna arrivasse alla Presidenza della Repubblica, qui in Italia: questo sistema maschilista lascia ancora troppo poco spazio alle donne”.
La mezz’ora concessa per l’intervista dall’ufficio stampa trascorre molto velocemente ma Bosé si concede volentieri a qualche domanda in più. È a suo agio mentre parla di politica, di musica, di vita e di lavoro davanti a una telecamera che sembra non notare e s’illumina quando gli si chiede del premio come Person of the Year che la Latin Academy of Recording Arts & Science gli ha conferito nel 2013 per il suo impegno sociale contro la povertà e l’Aids: “E’ un riconoscimento unico perché premia sia l’artista che il cittadino e ti fa passare in qualche modo alla storia, tra i grandi. Per far parte di questa storia, il “cittadino Miguel” si muove su un fronte molto ampio: ho una fondazione con Juanes e lavoriamo affinché la pace sia dichiarata un diritto umano universale, ogni anno organizzo un galà a Barcellona per raccogliere fondi contro l’Aids e apro scuole per le comunità indigene. Ovviamente è importante che poi Miguel si serva di Bosé per mediatizzare tutte queste cose… altrimenti, a cosa serve l’artista?”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/08/anime-bose-lartista-lattivista-avevo-tessera-dei-radicali-battaglia-podemos-buon-senso-non-mi-fido-dei-partiti/1406838/
sabato 7 febbraio 2015
Prossimi appuntamenti di Miguel Bosé: concerto a Hidalgo (Messico) e Premio Cadena Dial a Tenerife
“INNAMORATI DI HIDALGO CON MIGUEL BOSÉ”
CONCERTO BENEFICO in Messico, a Pachuca ( Hidalgo) il 14 Febbraio alle 20:30 nel Parco David Ben Gurión
Il progetto riguarda la “Casa degli Adolescenti”, per poter dare sbocchi lavorativi, corsi di istruzione a molti ragazzi.
Miguel, da sempre impegnato in Associazioni (Oceana, Oxfam, Paz sin Fronteras, tra le tante), offrirà un concerto il cui ricavato sarà devoluto interamente a questa iniziativa.
Premio per il 25° Aniversario dell'emittente Cadena Dial a 14 artisti più noti del pop spanolo: Alejandro Sanz, Malú, El Barrio, Hombres G, Melendi, Manolo García, Merche, Miguel Bosé, Revolver, Antonio Orozco, David DeMaria, Laura Pausini, Manuel Carrasco, Sergio Dalma e David Bisbal.
MIGUEL BOSE' sarà in Tenerife il 5 Marzo per questo ennesimo e meritato riconoscimento.
QUI il video di presentazione dell'evento
http://www.cadenadial.com/2015/el-video-de-los-galardonados-con-premioscadenadial-2014-41168.html
martedì 3 febbraio 2015
Articoli e video della promozione di Miguel Bosé in Italia del suo nuovo album 'AMO'
Quattro giorni di intensa promozione, molti gli articoli dalle testate più accreditate nonché da spazi web dedcati allo spettacolo e alla musica.
Miguel Bosé ha presentato l'album, i 'motivi' di questo ritorno alla grande e, come sempre, l'Italia lo ha accolto col consueto affetto.
L'esperienza di due anni ad Amici, inoltre, ha sicuramente 'generato' altri ammiratori, soprattutto tra le nuove generazioni. Questo ci fa enormemente piacere, considerando che la musica di Miguel ha timbri e sonorità molto ricercate. Vuol dire che il pubblico italiano sa apprezzare e....speriamo in un meritato successo dell'album 'AMO'.
INTANTO LE INTERVISTE IN RADIO:
MIGUEL BOSE' A 'RDS'
INTERVISTA A 'DEEJAY CHIAMA ITALIA'
QUI IL VIDEO:
ALCUNI DEI LINKS CHE TRATTANO L'ARGOMENTO:
IL MESSAGGERO.IT: http://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/musica/miguel-bos-amp-eacute-nuovo-album-amo-inediti/1156031.shtml
REPUBBLICA.IT-http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2015/02/01/news/miguel_bos-106290285/
RAI NEWS - http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Il-ritorno-in-Italia-di-Miguel-Bose-ed92caf4-d7b3-48a3-bc04-70434f4e3caa.html
CULTURA E CULTURE- http://www.culturaeculture.it/spettacoli/miguel-bose-amo-figli-amore-vita-63416/
PANORAMA.IT- http://www.panorama.it/musica/miguel-bose-amo-nuovo-album/
da IL MANIFESTO- http://ilmanifesto.info/miguel-bose-podemos-forse-puo-salvare-la-spagna/
TGCOM 24- http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/miguel-bose-da-quando-sono-papa-ho-scoperto-il-vero-amore-_2093202-201502a.shtml
TEATRO.IT- http://www.teatro.it/musica/news/miguel_bose_con_amo_vi_racconto_chi_sono_14462
CANZONI WEB- http://www.canzoniweb.com/miguel-bose-lincanto-encanto-testo-video/
IL SECOLO XIX- http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2015/02/01/ARqOvuND-miguel_curiosita_album.shtml
SOUND BLOG (qui le canzoni di 'AMO' e i temi contenuti) http://www.soundsblog.it/post/332486/miguel-bose-amo-tracklist-album-canzoni-significato#
lunedì 2 febbraio 2015
domenica 1 febbraio 2015
Miguel Bosè ospite su Rai Due a 'Quelli che il calcio'
Continua la promozione di 'AMO' con altre ospitate ed interviste.
Qui, oggi pomeriggio a RAI DUE da 'Quelli che il calcio'
QUI I LINK PER I VIDEO
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-c875aa18-b0ff-4c73-970a-ce45e7e86d0c.html
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9c873452-f09e-4bc8-9e5a-029a18de19e3.html
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